Le 50 sfumature di manipolazione

Quasi ad ogni mio corso,  quando spiego come creare maggiore sintonia attraverso l’uso efficace linguaggio, puntualmente si staglia il braccio alzato di un/a partecipante che pone, non senza una punta di scetticismo, la fatidica domanda:

“mi scusi, ma questa non è manipolazione?”

Dentro di me, accolgo con gioia il quesito, perché quando spalanco la finestra verso il mondo intrigante della persuasione, della manipolazione e dell’ influenza sono nel mio elemento primordiale,  e mentre invito ad osservare le sottili – ma potenti – differenze, fatico a contenermi in pochi, incisivi accenni al generoso argomento.

La letteratura sulla materia è molto vasta (e da me non tutta condivisa); è sempre un piacere consigliare la lettura dei libri scritti da Robert Cialdini, che grazie allo studio della psicologia dell’acquiescenza e dei principi che la sostengono, ha esaminato ed estrapolato le diverse tattiche che i veri specialisti della manipolazione adottano per ottenere potere sull’altro, introducendole con abilità nelle richieste di acquisto, di assenso, di voti e così via.

La manipolazione è difficile da perseguire

Ma cos’è la manipolazione?

Ed è sempre da condannare?

Cass R. Sunstein, fondatore e direttore del programma di Economia Comportamentale promosso dalla Harvard Law School,  nella sua ricerca ironicamente intitolata “50 shades of manipulation” (Cinquanta sfumature di manipolazione) offre spunti di riflessione interessanti dal punto di vista legale, spiegando perché la manipolazione sia raramente perseguita.

Una delle risposte può essere già estrapolata nella definizione: un’azione è definita manipolativa nel momento in cui non coinvolge né si appella sufficientemente alla capacità della persona di fare una scelta riflessiva e deliberata , non rispettandone quindi l’autonomia e la dignità.

Ciò induce il soggetto a non promuovere il proprio benessere, bensì quello del manipolatore.

Questo concetto – continua Sunstein – va in conflitto con il principio del filosofo John Stuart Mill , conosciuto come “Mill’s Harm”:

ognuno sa cosa sia nel suo migliore interesse ed ha sempre l’opportunità di prendere la decisione migliore per se stesso

(mi permetto di aggiungere: con le risorse e gli strumenti disponibili in quel momento).

Quindi l’individuo sottoposto ad un tentativo di  manipolazione può sempre scegliere di agire diversamente da quanto suggeritogli.

Ma è sempre così?

Anne Banhill, docente nel Dipartimento di Medicina Etica all’Università di Pennsylvania, nel suo scritto “You’re Too Smart to Be Manipulated By This Paper” (Sei troppo furbo per farti manipolare da questo documento), sostiene che la manipolazione si manifesta nel tentativo di far soccombere intenzionalmente la volontà di qualcuno nelle pieghe di una sua debolezza, o nell’alterare una situazione affinchè si configuri una debolezza in quel determinato contesto, nell’intento di farvi soccombere l’individuo (la debolezza qui è definita quale comportamento che induce la persona a non avere idee precise su quale sia la scelta migliore per se stessa).

Quindi la manipolazione ha lo scopo di influenzare desideri, convinzioni ed emozioni della persona in modo che non sia in grado di fare la migliore scelta per sè in una determinata situazione.

Un esempio tipico di un “contesto di debolezza” è quando si viene sovraccaricati da troppe informazioni: la persona sommersa da un carico di informazioni esagerato cerca disperatamente uno schema per integrare e dare un senso al tutto; è quindi facile per il manipolatore offrire a quel punto una cornice interpretativa che serva al proprio intento.

Tutti siamo in grado di acquisire informazioni e di inserirle logicamente in una personale cornice di interpretazione, ma quando ne siamo oberati e ci viene offerta una chiave di lettura già predisposta, siamo inclini ad adottarla perché in quel momento si è creato un “contesto di debolezza”.

Le sfumature sono infinite

Ma le “sfumature” sono probabilmente più di cinquanta e spesso difficilmente distinguibili.

Ad esempio: avete deciso di vendere la vostra casa.

Prima che arrivino i possibili acquirenti, cucinate un dolce profumato per predisporre meglio i visitatori; questa è considerata manipolazione.

Se invece avete una panetteria e quando sfornate i biscotti li piazzate in vetrina e lasciate la porta aperta, in modo che il profumo si diffonda per strada sapendo che i passanti saranno così più propensi a comprare i vostri biscotti, non avete commesso un atto di manipolazione.

Nel primo caso avete cambiato la situazione (profumo invitante)  in modo tale da “manipolare” i possibili acquirenti ed indurli a prendere una decisione su una base non funzionale per l’acquisto di un immobile: sentirsi motivati a comprare una casa perchè “odora di buono” non è una motivazione ideale, ma si è creata la condizione per distogliere gli acquirenti da desideri ed emozioni più appropriate nel preciso contesto.

Nel secondo caso, sentirsi attratti dal profumo che aleggia nei pressi della panetteria ed essere quindi motivati a comprare i biscotti non significa essere soggetti ad un tentativo di manipolazione; in questo frangente non si è a corto di idee precise su quale sia la scelta migliore per se stessi ed il profumo – in questa circostanza – è solo una spinta accettabile per comprarli.

Alla luce di questi semplici esempi, è chiaro quanto sia difficile stabilire quali sfumature siano propriamente condannabili.

Inoltre, potrebbe essere che la manipolazione sia applicata nell’interesse della persona:

molti Governi hanno deciso di adottare immagini e messaggi molto forti (e decisamente catalogati come manipolativi) sui pacchetti di sigarette per scoraggiare i compratori di sigarette confezionate a fumare.

Banalmente, anche la pubblicità di una lotteria che mostra vividamente ciò che si può vincere acquistando un biglietto è tecnicamente una sottile forma di manipolazione, così come lo sono un tono di voce o un’espressione facciale che possano incoraggiare una decisione.

Una “sfumatura” quotidiana, giusto?