INTERVISTA MEDIASTARS

INTERVISTA MEDIASTARS – Il premio tecnico della pubblicità

Maggio 2017

Consumer Playmaker: nella delicata fase di arrivo presso l’audience di riferimento, quali sono le condizioni che regolano la buona ricezione del messaggio?

L’utente come percepisce la diversa tipologia di messaggi nell’affollamento quotidiano degli avvisi pubblicitari? Considerando la propensione alla comunicazione singolo-collettivo degli influencer e la differenza del percepito fra generazioni diverse, quale tipo di engagement risulterà maggiormente gradito?

La comunicazione pubblicitaria che oggi raccoglie maggiore attenzione è quella che racconta i bisogni, i desideri e le aspettative del consumatore, dal punto di vista di questo. Diversamente da quanto accadeva in passato, non è più funzionale consigliare od imporre una scelta: oggi si descrive il prodotto e il servizio con gli occhi di chi lo valuta, veicolando una serie di suggestioni alle quali il destinatario facilmente coniuga la  sua personale esperienza –  vera o possibile -, ritrovandosi nella descrizione delle sensazioni e delle emozioni che l’oggetto della comunicazione promette. Percezioni che devono essere forti, immediate e sorprendentemente gratificanti, e che sollecitino  tutti gli aspetti sensoriali.  La componente generazionale non è significativa: lo è l’abitudine acquisita ad un certa tipologia di stimoli.

 

Questa tendenza è un bene per noi consumatori? Gli algoritmi stanno pilotando le nostre vite e le nostre scelte? Il futuro della comunicazione sarà esclusivamente Data Driven o c’è la possibilità di una svolta creativa Human Driven?

E’ assodato che, per far fronte ad una quantità eccessiva di messaggi a cui si è costantemente sottoposti, il nostro cervello utilizzi delle scorciatoie per prendere molte decisioni quotidiane; quelle più soggette a questa dinamica sono generalmente le più banali perché non si è portati a dedicarvi processi decisionali accurati. I messaggi ad hoc elaborati dagli algoritmi prendono vantaggio da questa caratteristica della mente umana; ne siamo catalizzati perché guidano le scelte di ogni giorno, fanno teoricamente risparmiare tempo ed energie. E’ ovvio che questo “pilota automatico” non aiuti a guardarsi intorno e a valutare opzioni diverse, ma chiunque può decidere di rimuoverlo in qualsiasi momento ed esplorare strade diverse, magari più tortuose e meno sicure, ma sicuramente più creative e personali.

 

Creare emozioni condivise e sostenibili può essere la chiave del successo? Gli utenti sono pronti ad una scelta etica che privilegi una marca rispetto alle aziende concorrenti?

Un’azione buona, etica e green abbinata al processo di acquisto è un elemento di forte gratificazione per il consumatore; soddisfare se stessi e contemporaneamente fare del bene al pianeta, ad esempio,  è una condizione che alimenta l’autostima. Un linguaggio evocativo e coinvolgente, che pone il consumatore quale protagonista di un progetto rivolto alla salvaguardia dell’ambiente, crea sicuramente una leva motivazionale ad alto impatto per un pubblico attento ad un approccio etico.

Rispetto al mercato alimentare rivolto ad un’utenza particolarmente attenta, è interessante notare come la definizione di sostenibilità sia spesso veicolata da elementi linguistici che eliminano ingredienti poco graditi o situazioni produttive altamente industrializzate (senza…non…) piuttosto che da dinamiche di linguaggio che aggiungono valori in positivo.

 

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